Le dive indossavano magliette e l’orchestra era in jeans al Teatro dell’Opera di Roma quando sono iniziate le prove per Ernani di Verdi, che aprirà il mese prossimo. Invece di salire sul palco, i cantanti si sono seduti in un palco con vista sull’orchestra, alzandosi in piedi per cantare le arie quando è arrivato il loro turno.
Nel suo ufficio Francesco Giambrone, il sovrintendente dell’Opera di Roma, è entusiasta della decisione di candidare l’arte del canto lirico nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. “Ciò che rende l’opera italiana diversa – sottolinea – è che ci sono sempre due o tre settimane di prove prima di un’opera”.
Parlando delle eccellenze italiane inserite nel patrimonio dell’Unesco, Giambrone afferma come “se la pizza di Napoli è già in lista, l’opera ancora non lo è”.
La candidatura all’Unesco è motivata dal fatto che l’opera è stata inventata in Italia, a Firenze, intorno al 1600, e il paese ha prodotto grandi nomi come Puccini, Rossini e Verdi. Oggi l’Italia ospita 14 grandi teatri d’opera. “La Francia – commenta Giambrone – ne ha quattro o cinque, oltre ad altri 27 luoghi di discrete dimensioni. Nel 1860 – aggiunge – anche la città più piccola aveva un teatro d’opera da 60 posti. Verdi scrisse una versione dell’Aida adattata appositamente per la sua piccola città natale”.
“L’opera – continua – ha contribuito a diffondere la lingua italiana. È arrivata nei piccoli paesi grazie alle arie. La gente del posto così parlava il dialetto oltre che la nuova lingua dell’opera. Ecco perché l’opera è dentro di noi”.
Mentre l’opera italiana si prepara ad essere giudicata dalla commissione dell’Unesco, Giambrone ricorda come da sempre “l’opera parla di guerra, pace, amore e gelosia, e quindi assolutamente di attualità”.
Articolo ripreso da The Times e firmato dal giornalista Tom Kington.
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