È arrivato il momento di fare qualcosa di concreto per le migliaia di operatori che ogni giorno lavorano per promuovere e diffondere la cultura in tutto il nostro Paese. I cinema, i teatri, le sale da concerto: operatori e imprenditori che quotidianamente si cimentano con le difficoltà burocratiche, fiscali, amministrative per fare impresa con la cultura. Un sistema che è la cinghia di trasmissione della produzione creativa, il veicolo per diffondere tradizioni, storia, creatività nel Paese. Un comparto che merita adeguata e attenta considerazione da parte delle Istituzioni, con fatti concreti. È doveroso riconoscere che, dopo anni in cui si diffondeva a macchia d’olio il verbo secondo il quale «con la cultura non si mangia», questo nuovo corso politico abbia invertito la rotta e abbia incominciato a investire su attività e industrie culturali. È tuttavia tempo di dare un segnale chiaro anche agli operatori e agli imprenditori che gestiscono cinema e teatri. Coloro che soffrono più di ogni altro della tassazione locale, il cui incremento del 300% sta colpendo al cuore la redditività di queste imprese che rischiano di chiudere i battenti, depauperando così un capitale culturale e sociale di inestimabile valore. Una tassazione che si riverbera implacabilmente sull’attività di gestione degli esercenti di ogni tipologia di sala, che siano proprietari oppure affittuari (è il caso più frequente) dell’immobile. La crisi e chiusura di cinema e teatri contribuisce all’impoverimento dei centri cittadini, crea zone di desertificazione urbana, elimina occasioni importanti d’incontro, di aggregazione, di vitalità culturale. Non è un caso che i recenti tragici fatti di Parigi abbiamo colpito anche le sale di spettacolo, luoghi simbolici della nostra cultura perché lavorano per la libertà culturale degli artisti che vi propongono le loro opere e per i cittadini che altrettanto liberamente ne fruiscono. Ecco perché siamo convinti che non si debba sprecare questa occasione della manovra economica per eliminare l’IMU sui cinema e i teatri. Per tutti e per sempre. Sono la nostra casa. La «casa culturale» (a funzione pubblica e sociale) degli italiani. L’ATTUALE IMPOSIZIONE FISCALE – Non tiene conto della peculiarità delle sale cinematografìche e dei teatri: per le imprese di spettacolo l’immobile è l’essenza stessa dell’attività, ma sono ingiustamente penalizzate dal fatto di dover utilizzare grandi superfici con un tasso di redditività molto basso. Queste strutture sono invece i presìdi unici e permanenti del nostro sistema culturale, ne costituiscono il sistema connettivo, sono centri di aggregazione sociale ramificati sul territorio e attivi per 365 giorni l’anno. Non considerare le centralità di questo settore significa penalizzare un intero sistema. Devono essere considerati un ossei su cui puntare, non un capitale da tassare. Nei prossimi giorni, entrerà nel vivo alla Camera la discussione sulla Legge di Stabilità per l’anno 2016, al cui interno il ministro Franceschini rivendica investimenti e interventi significativi per i settori culturali. Una inversione di marcia di cui si sentiva davvero il bisogno. E il presidente Renzi ha appena annunciato un intervento straordinario per la Cultura: un miliardo di euro per il 2016. Una misura davvero importante ed innovativa per il nostro Paese. Siamo convinti che un investimento così rilevante non possa non coinvolgere il segmento produttivo dei Cinema e dei Teatri, che sono l’anello debole della catena dell’industria culturale. Siamo, con la Scuola, uno dei primi motori dell’alfabetizzazione culturale delle giovani generazioni e abbiamo la convinzione di poter rivestire un compito di protagonisti nelle politiche di promozione della cultura, del cinema e dell’arte nel suo complesso. Una leva strategica per uscire dalla crisi, contribuendo a creare valore aggiunto ed economia diffusa. Aboliamo l’IMU su cinema e teatri. Adesso. Eliminiamo una «patrimoniale» sulla cultura e sul nostro futuro che non ha ragione di esistere. Per lavorare da subito, insieme, per un rilancio della nostra identità culturale e delle sue troppo trascurate infrastrutture.