Aiuti pubblici e partner privati salvano i conti 2020 delle fondazioni liriche. La pandemia ha frenato il risanamento ma il settore punta sull’innovazione
«Continuiamo a programmare e riprogrammare, come una tela che si sfalda in continuazione».
Così Francesco Giambrone, sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, ma anche presidente dell’Anfols, l’associazione che rappresenta 12 delle 14 Fondazioni liriche italiane (tranne la Scala di Milano e Santa Cecilia di Roma) in un intervista al Sole 24 Ore.
Il crollo dei ricavi è stato evidente, tuttavia, fa sapere il Sole 24 Ore, il 2020 ha tenuto: la forte riduzione dei costi, dovuta alla cancellazione di molti spettacoli, assieme agli aiuti ricevuti dal governo e agli ammortizzatori sociali, consentirà alla maggior parte delle fondazioni di chiudere i bilanci in pareggio.
La grande preoccupazione ora, fa sapere sempre il Sole 24 ore, è sul 2021: proprio in queste settimane i consigli di amministrazione dei teatri si trovano a redigere i bilanci per il prossimo anno ma, spiega Giambrone, «ci troviamo nell’impossibilità di mettere in piedi dei budget che possano garantire un’attività in grado di tenere i conti in equilibrio».
Perché è vero che nessuna fondazione lirica si mantiene con i ricavi da biglietteria, ma è altrettanto vero che, senza quei ricavi, i conti a fine anno non tornerebbero. Per il 2021 l’Anfols prevede, per i 12 associati, minori incassi da botteghino per 61 milioni di euro, che potrebbero superare gli 80 milioni considerando Scala e Santa Cecilia. Il governo ha fatto molto: ha svincolato dai parametri di valutazione il Fondo unico per lo spettacolo (Fus), di cui il 52% va alle fondazioni liriche, ha istituito un Fondo emergenza spettacolo e, per il prossimo anno, ha previsto un aumento di 50 milioni del Fus. Ma non basta, dice Giambrone, che pur riconosce l’impegno del Mibact. Il settore ha ricevuto meno risorse rispetto al 2019, essendo venuti a mancare 12,5 milioni di euro stanziati da una legge del precedente ministro Alberto Bonisoli, non confermati.
Covid, teatri d’opera: le sfide tecnologiche del futuro
Sebbene chiusi, i teatri stanno sostenendo costi per le prove e per realizzare iniziative digitali in streaming, utili più a tenere alta la motivazione di artisti dipendenti e a mantenere vivo il legame con il proprio pubblico, che a guadagnare, visto che si tratta sempre di iniziative gratuite, aperte a donazioni. La stessa Anfols ha messo in piedi una piatta forma unitaria («Aperti nono stante tutto»), che raccoglie tutti gli spettacoli in digitale realizzati dagli associati.
«La pandemia ha messo in evidenza che i nostri teatri, chi più chi meno, sono indietro dal punto di vista tecnologico, – dice ancora Giambrone al Sole 24 ore – : è necessario un grande sforzo di innovazione e adeguamento tecnologico».
Anche il commissario straordinario alla Lirica, Gianluca Sole, incaricato dal governo di sovrintendere al risanamento dei bilanci delle nove fondazioni che hanno aderito alla legge Bray del 2014, propone una riflessione per il futuro del settore: «Questo può essere un momento per rivedere le modalità operative e produttive delle fondazioni e ripartire con progetti innovativi. In questi mesi è stato fatto un grande sforzo per ricorrere al digitale o per dare vita a spettacoli estivi in luoghi inusuali: tutte soluzioni che offrono opzioni interessanti anche per il post Covid».
Il commissario si dice preoccupato per la pandemia e la crisi che molti teatri stanno attraversando. Minori entrate significa minore capacità di ripianare il debito pregresso, la principale zavorra delle fondazioni liriche italiane: 247, 6 milioni di euro solo per le nove realtà aderenti alla Bray. Spiega al Sole: «È un peccato perché tutte le fondazioni commissariate avevano quasi raggiunto gli obiettivi prefissati ed erano pronte a passare a una fase di rilancio», spiega Sole.
«Gran parte del debito, oltre la metà, è stato consolidato in debito sul lungo termine, quindi più gestibile . Inoltre, il meccanismo del monitoraggio semestrale ha portato i teatri a rafforzare le attività di controllo e gestione dei flussi finanziari».
Ora la sfida per tutte le fondazioni sarà redigere il budget per il 2021. Il principio di fondo è quello della cautela: scelte gestionali a basso rischio dal punto di visto economico, un cartellone di spettacoli con un limitato numero di artisti per i primi mesi dell’anno, nella speranza di poter riprendere, dall’autunno, un’attività più sostanziosa e la stagione operistica.
Fortunato Ortombina, sovrintendente della Fenice di Venezia, dichiara: «Si tratta di distribuire diversamente quello che c’è sempre stato nel nostro teatro: opera lirica e concerti che quest’anno ha perso circa l’8o% dei ricavi da biglietteria (11 milioni di euro nel 2019), ma riuscirà a chiudere in pareggio un bilancio tra i 26 e i 28 milioni di euro. Visto che fare concerti è meno costoso, stiamo pensando di concentrarli nei primi mesi della stagione, sperando di poter riavviare l’attività operistica dalla primavera». Sul fronte dei conti, «abbiamo aumentato l’attività di fundraising e di ricerca degli sponsor. È un momento difficile, ma i nostri partner storici sono rimasti al nostro fianco e vedo il desiderio del le imprese di affiancarci», aggiunge Ortombina.
Budget prudente anche quello presentato per il 2021 dal Teatro Regio di Torino, alle prese con una grave situazione finanziaria pregressa e da due mesi passato a una gestione commissariale, guidata da Rosanna Purchia: «Per il 2020 l’equilibrio non è ancora raggiunto, ma in due mesi siamo riusciti a passare da due milioni a 400mila euro di perdite, perciò non disperiamo di riuscire a centrare il pareggio per fine anno. Per il 2021 prevediamo l’equilibrio, ipotizzando ricavi da biglietteria quasi nulli nei primi mesi e una ripresa vera dalla fine estate. Sapendo che, qualora dovesse persistere la pandemia, dovremo operare revisioni in corso d’anno».