La sua scomparsa e unenorme perdita per tutto il mondo culturale» sostiene Maurizio Pollini, che Boulez aveva incontrato la prima volta a New York negli anni Settanta e tante volte si è confrontato al piano con il vertiginoso sperimentalismo delle sue partiture. «Grandissimo compositore, la sua musica è stata un esempio sbalorditivo di creatività. Con lui perdiamo una personalità molteplice: il grande direttore d’orchestra, lo scrittore di profonde analisi musicali, il divulgatore appassionato della musica del XX secolo, per la quale ha fatto più di chiunque altro. Un uomo di grandissimo senso morale e forte lealtà». «Con Boulez finisce un mondo, un modo di pensare la musica — riflette il compositore Giorgio Battistelli —. Figura chiave del Novecento, Boulez è stato un genio della sperimentazione, ma anche un analfabeta delle emozioni. Un ideatore di purissimi cristalli musicali, affascinanti nella loro perfetta costruzione, ma volutamente distaccati». Una filosofia ascetica quanto rivoluzionaria. «Ci sono artisti che restano per ciò che hanno ideato e altri per ciò che hanno pensato. Lui fa parte della seconda categoria. Boulez ha cambiato il nostro ascolto. Il suo modo di comporre, così severamente speculativo, è stato dirompente per la cultura del Novecento, anche se è ormai lontano da una musica che oggi ha preso tutt’altra direzione. La nuove frontiere tecnologiche spingono all’omologazione del gusto e la musica, non più ricerca, ha una funzione maggiormente consolatoria e di intrattenimento». Insomma, l’opposto di quel che intendeva Boulez. «Su quel fronte lui non è mai sceso a compromessi. Ipercritico anche verso il teatro musicale, troppo lontano dalla sua concezione di una musica senza concessioni di sorta». Così, pur se tentato dall’opera, Boulez non ne compose mai una. «Un progetto su un testo di Heiner Müller ispirato all’Orestiade restò nel cassetto. E così pure non è andato in porto l’adattamento di Aspettando Godot di Beckett, che avrebbe dovuto avere la sua prima mondiale alla Scala». Tanto rigore, tanta audacia innovativa troveranno ancora eredi? «L’Ircam, fondato da lui a Parigi, è una fucina della musica del nostro tempo, un punto di riferimento per generazioni di nuovi compositori. Eppure, quando certe figure cardine se ne vanno, anche la loro lezione si smarrisce. In un mondo sempre meno interessato alla complessità, la musica di Boulez temo stenterà a trovare un futuro»